Elezioni Presidenziali francesi: Hollande SI, Sarkò NO

A Parigi trionfano i socialisti

Parigi. La Francia ha scelto: il nuovo presidente della Repubblica francese è il socialista François Hollande, che ha battuto il rivale Nicolas Sarkozy ottenendo il 51,7% dei voti.
Pochi minuti dopo il responso finale, la città è nel caos.

Migliaia di sostenitori del partito socialista affollano rue Solferino, la strada parigina in cui si trova la sede del partito, per festeggiare la vittoria elettorale, nonché il ritorno della Gauche all’Eliseo dopo 17 anni.
Il “candidato normale”, com’era stato definito alle primarie dei socialisti francesi nello scorso autunno, é il settimo presidente della Quinta Repubblica francese.

Per il suo primo discorso ufficiale da presidente Hollande ha scelto Tulle, suo feudo elettorale, nel centro della Francia. Alle 21,30 si è rivolto così ai francesi: “Sarò il presidente di tutti. Questa sera non ci sono due France, c’è una sola nazione. Ognuno sarà trattato nello stesso modo, stessi diritti e stessi doveri. Nessun figlio della repubblica sarà lasciato indietro o discriminato”. E ancora: “I francesi hanno chiesto un cambiamento, mi impegno a lavorare. Il 6 maggio deve essere ricordato come una grande data per il nostro Paese, un nuovo inizio in Europa e una nuova speranza nel mondo”.
Poi, ha rivolto un saluto repubblicano al presidente Sarkozy che ha guidato la Francia per 5 anni e “ per questo merita rispetto”. Ha affrontato il tema del progresso: “Più volte abbiamo superato prove difficili e ci riusciremo anche nei prossimi cinque anni. Il sogno francese – ha aggiunto – è quello che si può sintetizzare con la parola progresso, affinché ogni generazione viva meglio di quella precedente”.
Giustizia e giovani: i suoi due impegni principali. “Ogni mia scelta, ogni mia decisione sarà presa sulla base di questi due criteri: è giusto, è per i giovani?”, ha detto Hollande.

Rimarcando la sua impronta socialista, il neo eletto ha indicato le priorità dell’azione di governo: “Garantire a tutti lo stesso accesso ai servizi pubblici. Serve garantire l’uguaglianza nel nostro territorio, penso alle periferie e alle aree rurali. La nostra priorità sarà la scuola. E poi l’ambiente, con la transizione verso sistemi ecologisti. Nessun figlio della Repubblica – ha proseguito – sarà lasciato indietro. Troppi tagli, troppe rotture hanno diviso i nostri cittadini, ora è finito questo stato di cose. Il primo dovere del presidente della Repubblica è quello di unire il Paese”.
Poco dopo le 20, l’addio di Sarkozy. Raggiunta la propria sede elettorale, nella sala della Mutualité, l’ex premier francese, davanti ai suoi sostenitori, dichiara: “La Francia ha un nuovo presidente, è una scelta democratica e repubblicana”.
Poi fa una cosa che pochi politici sono soliti fare, si assume ogni colpa: “Quando c’è una sconfitta, è il numero uno che ne è responsabile”. Ammette quindi i propri errori, con onore e rispetto per la democrazia e le sue regole. Dice di Hollande: “L’ho appena sentito al telefono e voglio augurargli buona fortuna per le prove che lo attendono. Sarà difficile ma auspico vivamente che la Francia, il nostro paese che ci unisce, riesca a superare queste prove: e questa sera dobbiamo pensare unicamente alla grandezza della Francia e al benessere dei francesi”. “Non vi dividete – ha continuato Sarkò – restate uniti”.
Infine, ha rivelato ai fedelissimi che non guiderà il suo partito alle elezioni legislative del 17 giugno. “Torno a essere francese tra i  francesi”, ha detto. Ma per chi lo ama non c’è da preoccuparsi, perché il suo “non sarà un ritiro completo dalla politica”.
François Hollande è il presidente della Francia e deve essere rispettato”, ha concluso.
E dopo Carla Bruni, arriva Valerie Trierweiler. È Lei la nuova première dame, “fiera di accompagnare il nuovo presidente della Repubblica e sempre felice di condividere la vita di François”.

Lacrime di gioia quelle di Thomas Hollande, 27 anni, figlio di Francois e di Segolene Royal, che all’annuncio della vittoria di suo padre alle presidenziali, ha raccontato ai microfoni di France2: «Sono molto emozionato. Ho partecipato a questa campagna, avevo partecipato a quella di Segolene Royal, mia madre, ma questa volta si è conclusa vittoriosamente. Sarà dura, lo sappiamo, ma voglio approfittare di questo momento di gioia».
A congratularsi telefonicamente con il nuovo leader francese, il nostro Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, che ha espresso «le sue calorose congratulazioni per il risultato elettorale conseguito alle elezioni presidenziali francesi».
Poi, la telefonata del premier Mario Monti, che ha manifestato “il desiderio del governo italiano, e personale, di collaborare strettamente con la Francia, in particolare nel quadro europeo, ai fini di un’unione sempre più efficace e orientata alla crescita”.
Anche Barack Obama ha chiamato Hollande per congratularsi, auspicando ripercussioni positive anche sull’economia americana, dando spazio alla crescita.
Non poteva mancare all’appello, la cancelliera tedesca, Angela Merkel, che ha invitato il neo presidente francese a Berlino.  Ma molte altre ancora sono state le telefonate di congratulazioni dai leader europei.

Dulcis in fundo, ripercorriamo brevemente la storia della V Repubblica, nata nel 1958. A fallire la rielezione fu solo Valery Giscard d’Estaing, eletto nel 1974 e sconfitto nel 1981 (quando il mandato presidenziale durava 7 anni). Al suo posto arrivò dunque il primo presidente socialista, Francois Mitterrand, che guidò la Francia per 14 anni fino al 1995. Ora, a perdere la corsa per il secondo mandato, è Sarkozy, aggiudicandosi il secondo posto di inquilino dell’Eliseo.
Hollande? È ancora tutto da vedere.
Intanto auguriamogli anche noi buona fortuna per il suo primo mandato.

Scritto da Laura Barbuscia

Grillo cresce nei sondaggi e fa paura L’antipolitica terrorizza il centrosinistra

Chi l’avrebbe mai detto che a far tremare i partiti sarebbe stato il comico genovese Beppe Grillo, che con il suo Movimento 5 Stelle, secondo un recente sondaggio di Swg, cresce del 7,2% nazionale nelle intenzioni di voto degli italiani.

Secondo DataMonitor, che registra un testa a testa tra Pdl (24,2%) e Pd (24,9), la Lega crolla infatti, dal 10,5% di gennaio al 6,5% di oggi, mentre il Movimento 5 Stelle balza al 6,8% dal 2,3%. L’Udc si attesta al 6,8%, Fli al 4,9%, Api e Mpa allo 0,8%. Tiene Sel al 6,5%, mentre fra gli altri partiti ci sono Pannella all’1,7%, La Destra al 2%, Grande Sud all’1.9% e la Federazione della Sinistra al 2,4%. Sempre secondo DataMonitor comunque «più del 20% degli italiani sarebbe indeciso, mentre il 22,4% deciderebbe di astenersi».
Sono numeri che destano preoccupazione soprattutto alla sinistra, che freme per provare a mettere le mani su Palazzo Chigi alle prossime elezioni politiche. <<Siamo nei guai – dice il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani – Se c’è qualcuno che pensa di stare al riparo dall’antipolitica si sbaglia. Se non la contrastiamo, spazza via tutti». «Abbiamo in giro molti apprendisti stregoni che sollevano un vento cattivo», dice ancora Bersani, sostenendo che sul finanziamento dei partiti, c’è chi fa il gioco sporco.
Anche il leader del Sel, Nichi Vendola, si è espresso a riguardo: <<C’è il rischio che (i voti, ndr) finiscano nel fiume sporco dell’antipolitica>>, ha dichiarato in un’intervista di Maria Latella su Sky TG24. <<Ci sono delle involuzioni nel discorso pubblico di Grillo che colgo con preoccupazione, alcune battute che sembrano in stile leghista, una mescolanza di argomenti – ha osservato Vendola – di estrema sinistra ed estrema destra e questo me lo rende un fenomeno tutt’ora da decifrare e guardare con attenzione ma è un fenomeno inquietante. Oggi la malattia della cattiva politica si cura con la partecipazione, con la cultura e con la democrazia>>.
Insomma, i partiti del centrosinistra, che durante il governo Berlusconi alimentavano l’antipolitica per istigare il Paese contro il Cavaliere, allora ex premier, ora percepiscono le conseguenze di questo fenomeno e lo definiscono un brutto male, una violenza per la democrazia.
Sarà solo paura?

Presentazione del libro “In viaggio con un Santo” di Filippo Anastasi

Giorno 29 febbraio 2012, l’Associazione M.Arte, presso la Sala Polifunzionale del Museo Crocetti, ha presentato il libro “In viaggio con un Santo” di Filippo Anastasi, inviato Rai per tutti i viaggi del Papa Giovanni Paolo II, e ora per l’attuale Pontefice.

Oltre all’Autore sono intervenuti Mon. Vincenzo Apicella, Vescovo di Velletri-Segni (già Vescovo ausiliare di Giovanni Paolo II), Mons. Angelo Mottola Nunzio Apostolico, lo scrittore Giancarlo Governi, il giornalista Francobaldo Chiocci, che ha moderato l’incontro.

Il libro racconta una cinquantina dei centoquattro viaggi che l’autore, Filippo Anastasi, ha compiuto con Giovanni Paolo II, sullo stesso aereo, in tutto il mondo. Sono viaggi che hanno segnato non solo il Suo pontificato, ma la storia di tutta l’umanità a cavallo tra due millenni, suscitando grandi entusiasmi e spostando grandi masse di fedeli e non credenti , come quelli in America Latina, in Messico, in Brasile allo Stadio Maracanà. Sono viaggi che hanno toccato da vicino la povertà delle genti, come quello a Nuova Delhi, o la drammaticità della guerra, com’è accaduto a Sarajevo.

L’autore, indubbiamente uomo privilegiato per aver viaggiato accanto al Pontefice, desidera appunto raccontare l’avventura del grande Pellegrino di Pace, attraverso i ricordi, le impressioni, sue, personali, da cronista e rivisitate da scrittore.

Intervista a Filippo Anastasi, autore del libro “In viaggio con un Santo”:

Lei, indubbiamente una persona privilegiata, che ha avuto la fortuna di viaggiare accanto a Papa Giovanni Paolo II, ha subito un’importante metamorfosi nel corso della sua vita: da uomo laico a uomo religioso. Ci racconta questo suo cambiamento?

La metamorfosi è che io per lavoro da laico inveterato com’ero, improvvisamente, mi sono trovato catapultato a occuparmi di informazione religiosa. Io avevo sempre fatto l’ inviato di politica estera ma, come sempre avviene nelle vicende Rai, da che ero Vicedirettore del Tg2, mi sono trovato senza neppure una scrivania. Se volevo trovare una scrivania, mi dovevo occupare di Giubileo e di informazione religiosa, e così ho fatto. Mi sono messo a studiare, ho conosciuto tanta gente, anime buone e anime meno buone. Qualche anima buona mi ha portato ad essere un credente meno distratto. Io non mi sono mai definito un ateo, ma un credente distratto. Mano a mano sono diventato un credente attento, fin quando ho avuto il privilegio, la fortuna di vivere contiguamente a Papa Wojtyla, che è una cosa che avviene per pochissime persone.

In questo libro lei racconta solo alcuni dei viaggi compiuti con il Santo Padre. Parla soprattutto di emozioni, giusto?

Si. È un libro di emozioni, anche per questo è un libro non troppo lungo, perché si deve leggere tutto d’un fiato. A chi mi ha chiesto: “Ma perché non ci hai messo questo stralcio dell’Enciclica, ma perché non ci hai messo questo stralcio di discorso?” Io ho sempre risposto: “No, questo è un libro di emozioni e le emozioni non si allungano”. Avrei potuto allungarlo a dismisura. Se voi lo leggerete non c’è un discorso del Papa, ci sono impressioni, mie, personali, da cronista, rivisitate da scrittore, di come ho vissuto i viaggi più importanti del Pontificato.

Quante volte ha avuto la fortuna di incontrare Papa Wojtyla?

L’avrò visto 50, 60 volte in tutto il suo Pontificato. Tutte le volte si è informato di chi ero, se ero sposato, come si chiamava mia moglie e mia figlia, e non si è mai dimenticato del nome né mio, né di mia moglie, né di mia figlia. Mi è stato sempre vicino. Avrei dovuto vederlo il 2 Febbraio del 2005, ma quella mattina l’avevano ricoverato al Gemelli, poi tornato ma non è più uscito dalla malattia, fino alla morte.

Ci racconta il suo ultimo viaggio con Giovanni Paolo II e cosa le ha lasciato?

Mi ha lasciato una gioia enorme. Io avevo la redazione della Rai a Borgo Sant’Angelo, a 100 metri da Piazza San Pietro. Sotto il mio ufficio, sotto le mie finestre passava un fiume di gente, di fedeli che andavano a saldare l’ultimo saluto a Papa Wojtyla in basilica. Passai la notte nella mia redazione, ma fu una notte insonne, perché continuamente mi affacciavo e guardavo questo fiume di persone che avanzavano pregando, con le candele in mano, in un silenzio irreale. Ecco, quello fu l’ultimo viaggio per me, perché ho rivissuto tutta la mia storia con Wojtyla, ho deciso di farne un libro, quella notte, perché sentivo di essere fratello di quella centinaia di migliaia di persone che mi passavano sotto la finestra.

Intervista a Monsignor Vincenzo Apicella, Vescovo ausiliare di Roma, eletto da Giovanni Paolo II:

Come ricorda Papa Wojtyla?

Del Santo Padre ricordo soprattutto la normalità, l’ordinarietà della persona, che era immediata e spontanea nelle sue manifestazioni e questa spontaneità e immediatezza li ricavava dal suo rapporto profondo con il Signore. Dio guidava il Santo Padre in tutte le varie situazioni che attraversava, che potevano essere avvenimenti lieti, gioiosi ma anche problematici e drammatici, come la povertà in India, che racconta Filippo Anastasi, come il fenomeno mafia di Agrigento (…) In tutte queste situazioni, Papa Wojtyla, si è sempre comportato in modo spontaneo. Pertanto, a me dà molto fastidio quando si parla di Giovanni Paolo II come attore. Lui non recitava, Lui aveva la capacità di essere se stesso dovunque, sempre e con chiunque, e di stabilire un contato diretto, profondo e immediato con tutte le persone .

Ci può ricordare il significato del termine Santità, secondo Papa Karol Wojtyla?

Certamente. Cito il n 31 della Novo Millenio Ineunte, delle Lettere Apostoliche, dove Giovanni Paolo II dà la definizione di Santità e dice testualmente: “La Santità è la misura alta della vita cristiana ordinaria”, cioè non è una prerogativa di superuomo o di super eroi, ma è una vocazione, che riguarda tutti i cristiani battezzati, in qualunque Stato e condizione vivano, e qualunque sia la missione che ricoprono nella Chiesa e nel mondo.

E secondo Lei, invece, cosa indica questa parola?

Cosa per me significa Santità? Proseguendo il discorso del Papa, io aggiungerei che, per me, Santità è esattamente il contrario di mettere qualcuno sul piedistallo. Noi siamo abituati a vedere i santi nelle nicchie e sui piedistalli. Per me il Santo è esattamente colui che fa il contrario, quello che si mischia in mezzo alla gente e in mezzo alla massa, come è stato Gesù Cristo.

Cosa si può fare per avvicinare i giovani al vangelo? Quali sono le difficoltà?

La difficoltà di fare incontrare i giovani con il Vangelo non dipende né dai giovani né dal Vangelo. I giovani sono bisognosi del Vangelo e hanno sete del Vangelo più che mai. La difficoltà dipende da noi adulti, cristiani, che non troviamo quella immediatezza, quella semplicità e spontaneità, che invece conosceva bene Giovanni Paolo II. Lui incontrava i giovani immediatamente e loro sentivano che tutto quello che il Santo Padre diceva e faceva, era autentico . Noi, invece, spesso siamo inadeguati a presentare la freschezza del vangelo alla freschezza dei giovani.

Intervista a Monsignor Angelo Mottola, Primo Nunzio Apostolico in Montenegro, nominato da Papa Benedetto XVI:

Secondo Lei, Papa Karol Wojtyla quale messaggio ha lasciato ai giovani e soprattutto, il suo carisma, la sua devozione e la sua apertura sociale continuano ancora oggi ad essere vivi e a risuonare nella mente e nel cuore dei giovani?

Papa Giovanni Paolo II è nel ricordo di tutti. Ha rappresentato un faro per i giovani, li ha illuminati. Si è battuto tanto per loro, intervenendo anche alla Giornata Mondiale della Gioventù a Tor Vergata, perché tutti potessero partecipare e tutti potessero sentire il messaggio di Dio: atei, miscredenti, cristiani, ortodossi, ebrei. Si è battuto tanto per creare un tunnel ecumenico di più ampio respiro e ancora oggi la Chiesa porta avanti questo messaggio.

Durante il suo intervento ha ricordato un episodio in particolare: quando Papa Giovanni Paolo II, nel suo viaggio a Cuba, dinanzi a Fidel Castro, ha urlato libertà. Secondo lei, questa parola, tanto pubblicizzata e quasi inflazionata in questi ultimi tempi, andrebbe gridata nuovamente, come fece il Santo Padre, o conserva ancora il suo valore?

La parola libertà continua ad esserci ancora anche se oggi non tutti i paesi godono della vera libertà. La Chiesa predica la libertà dei figli di Dio e come poter parlare e agire apertamente dicendo ciò che si vuole.

Intervista di Laura Barbuscia, Coordinatrice Comitato Scientifico e Responsabile redazione dell’Associazione Karawan.

L’Associazione nasce con l’obiettivo di sviluppare competenze proprie nel campo della comunicazione sociale e intende sensibilizzare l’opinione pubblica su problemi ed emergenze, nazionali ed internazionali, che prevedono l’intervento delle istituzioni, private e pubbliche, per la soluzione e/o per l’invio di aiuti sia in termini di risorse umane che finanziarie.

Responsabilità civile dei giudici: Sì della Camera

Pacchia finita. Ora chi sbaglia paga

Passa alla Camera con il voto segreto l’emendamento del leghista Pino Rabbia che introduce la responsabilità civile dei magistrati. L’emendamento, secondo il governo, che aveva espresso parere contrario, sulla carta avrebbe dovuto avere il sì dei soli lumbàrd. Ma i voti favorevoli sono stati 264, 211 i contrari e un astenuto, l’ex ministro prodiano Giulio Santagata (Pd).

Cosa prevede, in particolare, l’emendamento sulla responsabilità civile delle toghe? Che «chi ha subito un danno ingiusto per effetto di un comportamento, di un atto o di un provvedimento» di un magistrato «in violazione manifesta del diritto o con dolo o colpa grave nell’esercizio delle sue funzioni o per diniego di giustizia», possa rivalersi facendo causa allo Stato e al magistrato per ottenere un risarcimento dei danni.

L’esito, negativo dunque per il Governo battuto in aula, ha scatenato polemiche e accuse incrociate tra Pdl e Pd. Dario Franceschini, capogruppo del Pd, ha accusato il Pdl di aver disatteso gli impegni. «Non possiamo veder rispuntare la vecchia maggioranza», ha aggiunto il segretario, Pier Luigi Bersani. Attacchi che il capogruppo del Pdl, Fabrizio Cicchitto, ha bollato come “ingiustificati”.

Insomma è il finimondo. Secondo il segretario dell’Anm, Giuseppe Cascini la norma è “incostituzionale”, una «mostruosità giuridica» che il Senato dovrà cancellare. Ma come ha scritto il segretario Alfano su Twitter: «Chi sbaglia paga, anche i magistrati per i loro errori consapevoli».
Le toghe dunque dovranno risarcire di tasca loro gli eventuali danneggiati? Non è ancora detta l’ultima parola. È necessario l’ok del Senato.